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Guerra in Ucraina – Quale destino per Prigožin?

Incontro: dopo la tentata ribellione del 23-24 giugno, il leader della milizia Wagner si è incontrato con Putin a Mosca. Il suo destino è ancora tutto da scrivere⬇️

Incontro
📷italiaoggiEvgenij Viktorovič Prigožin, 61 anni, fondatore e capo della milizia mercenaria ‘Wagner’

L’incontro dopo la rivolta. A confermare ufficialmente il faccia a faccia tra i due è stato il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov dopo che la notizia era stata lanciata dal quotidiano francese “Libération”. Da una parte Vladimir Putin, la cui immagine di uomo forte al comando è stata lesa dal tentato golpe e risulta alle prese con un periodo piuttosto complicato sia sul fronte domestico che su quello bellico, dall’altra Prigožin, protagonista insieme ai suoi uomini delle 24 ore più folli da quando il conflitto russo-ucraino ha avuto inizio. L’incontro ha avuto una durata di circa tre ore e si è svolto alla presenza dei comandanti dei distaccamenti Wagner che avevano preso parte ai fatti del 24 giugno. L’intento era quello di chiarire in modo definitivo le rispettive posizioni, specialmente quelle di chi ha imbastito la clamorosa rivolta. Gli stessi comandanti hanno illustrato la loro versione di quanto avvenuto in quelle ore convulse, ribadendo di essere strenui sostenitori dello stato e di voler continuare a combattere per la patria, alle nuove condizioni che Putin detterà loro. Secondo quanto riferisce la stampa francese, Prigožin avrebbe negoziato personalmente le sorti del suo ‘impero’ paramilitare nei colloqui con lo stesso Putin, con Viktor Zolotov , comandante della guardia nazionale Rosgvardia e con Sergei Naryshkin, numero uno dei servizi di intelligence russi per l’estero. Il leader dei rivoltosi avrebbe ottenuto la garanzia di poter trasferire le attività della Wagner in Bielorussia, fuori dal terreno del conflitto, oltre al fatto basilare di avere salva la vita, scongiurando per il momento il rischio di venire processato e giustiziato per sedizione armata.

Le dichiarazioni di Putin. Il primo di luglio, due giorni dopo l’incontro con Prigožin, il presidente russo è tornato a farsi vivo pubblicamente con un messaggio alla nazione in cui ha parlato delle sorti della Wagner, senza tuttavia mai citare il suo ex-amico🗣: “Fallito ogni tentativo di creare disordine. Ringrazio Lukashenko per aver risolto la crisi. La ribellione armata sarebbe stata comunque soppressa ma ho dato ordine di evitare spargimenti di sangue. La maggior parte dei mercenari Wagner sono patrioti, sono stati usati da chi ha organizzato la ribellione. I miliziani possono sottoscrivere un contratto per mettersi al servizio del ministero della Difesa, fare ritorno dalle loro famiglie oppure recarsi in Bielorussia”.

La storia della Wagner. Il gruppo di cui Prigožin è a capo appartiene al novero delle svariate organizzazioni paramilitari al soldo di Mosca che vengono inviate da decenni in ogni parte del globo, laddove vi siano interessi russi da proteggere con le armi. Compagnie private, costituite in larga parte da volontari ed ex detenuti come la Wagner, sono infatti ritenute essenziali nell’ambito della guerra ibrida strategicamente portata avanti dal Cremlino. Il suo primo utilizzo sperimentale a pieno organico risale al 2014, all’epoca della crisi del Donbass. Da questo periodo in avanti l’attività della milizia si fa sempre più intensa in Africa e in Medio Oriente, con interventi a favore dei regimi infeudati a Putin oppure dei generali filorussi impegnati ad affermare il proprio potere, come Aftar in Libia, fino ad arrivare al coinvolgimento nella cosiddetta Operazione Militare Speciale in Ucraina, avviata il 24 Febbraio del 2022. Secondo il Times, nella prima fase della guerra i miliziani sarebbero stati nuovamente ingaggiati dalla Russia con la precisa consegna di assassinare il Presidente ucraino Zelensky, il quale sarebbe sopravvissuto a tre attentati in rapida successione mentre si trovava a Kiev. Proprio a un anno di distanza da questi fatti sono iniziate le prime frizioni tra Mosca ed il leader della Wagner che avrebbe contestato duramente lo stato maggiore russo, in particolare il ministro della difesa Sergey Shoigu, per le modalità di conduzione del conflitto. La tensione è salita vertiginosamente negli ultimi mesi fino allo strappo di Venerdì 23 Giugno, con l’ordine impartito da Prigožin ai suoi uomini di interrompere le operazioni in Ucraina e fare ritorno nel territorio russo, per marciare dritti verso la capitale, prima del brusco dietrofront, comandato quando i miliziani erano ormai giunti a pochi chilometri da Mosca e lo spettro della guerra civile sembrava farsi sempre più concreto di ora in ora.

📷La Voce del Trentino

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