Cultura

La “morte dell’arte”: esplorazione filosofica di Hegel

Michelangelo- Giudizio Universale 1536-1541

Il concetto della morte dell’arte è stato, e continua a essere ancora oggi, uno dei temi più discussi nell’ambito della filosofia odierna, oggetto di numerose interpretazioni spesso incongruenti tra loro.
L’esponente idealista G. W. Friedrich Hegel tratta, in “Lezioni di Estetica” (1853), il tema della collocazione dell’arte, in un periodo storico che fa da sfondo alla diffusione dell’arte romantica, affermando come quest’ultima “è e rimane qualcosa di passato”.

Hegel effettua una classificazione e suddivisione delle arti, affermando che il culmine della perfezione sia rappresentato dall’Arte classica (particolarmente dalla figura di Michelangelo Buonarroti), unica forma di attività dotata di un’armonia tra contenuto spirituale e forma sensibile, in cui la figura umana risulta essere il soggetto principale e mezzo con cui l’arte riesce a manifestarsi.
Tale equilibrio viene a mancare nel momento in cui subentra l’Arte romantica: la discordanza tra forma e contenuto raggiunge qui il suo culmine, l’arte smette di essere autonoma e il messaggio portato avanti diventa talmente ricco di concetti spirituali e/o filosofici che nessuna forma sensibile è più in grado di esprimerlo.


Tale processo evolutivo dell’arte ha come risultato l’interpretazione contemporanea che ne intendiamo oggi, secondo cui si ammira l’opera d’arte ma la si sottopone a un’analisi filosofica approfondita per essere in grado di comprenderla nella sua interezza.
L’arte “muore”, dunque, nel momento in cui subentra la consapevolezza della sua non autonomia. Il progredire storico ha, secondo la dialettica di Hegel, un legame con i processi che conducono alla comprensione della verità, un ruolo affidato all’arte per un periodo di tempo limitato e pertanto destinato ad avere una fine. Ad un certo punto, accade che le due rette parallele rappresentate dall’arte e la storia si separano, intraprendendo strade differenti.
L’arte perde la sua funzione all’interno della storia, pur non smettendo di essere prodotta.

Avvicinandosi a quello che è il modello Vasari (Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettonici, XVI secolo), l’arte viene analizzata in base alla propria capacità di rappresentare l’effettivo. Il progresso artistico si ha nelle innovazioni riguardanti le tecniche pittoriche (es. rappresentazione prospettica e chiaroscuro) che, combinate l’una con l’altra, consentono di rappresentare al meglio la realtà.

Ciò porta inevitabilmente a chiedersi: quando cessa di esistere il divario tra rappresentazione e realtà, cosa resta dell’arte?

Margherita Marletta

Studentessa Accademia delle Belle Arti di Catania

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