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Tutto quello che prova una donna

La moda del patriarcato continua a molestare innocenti, si manifesta nel turbamento del genere femminile: toccano una toccano tutte.

In alcune città italiane sono state svolte numerose manifestazioni per ricordare i 106 femminicidi dell’anno 2023. La tragica vicenda di Giulia Cecchettin ha smosso ancora di più tutta la rabbia femminile. La voce è stata lo strumento più potente e liberatorio, uno sfogo per tutte. Perché al giorno d’oggi è raro incontrare una donna che non abbia mai subito molestie. Non a caso, dopo l’omicidio di Giulia, le chiamate al numero anti violenza e stalking 1522 sono raddoppiate.

Si è, in ogni caso, consce del fatto che << Il nostro grido altissimo e feroce >> – uno dei cori del corteo – per quanto potente non porterà ad un cambiamento drastico. Proprio per questo è necessaria una presa di coscienza, basta quindi catcalling, basta commenti sessisti, basta palpate, basta indifferenza e molto altro che è volto alla derisione femminile. L’influenza si propaga dagli atti più semplici e quotidiani. Compagni tradizionalisti: non esiste nessuna serva, non esiste nessun possesso e nessuna provocazione da parte di una donna che possa arrivare a giustificare un atto di violenza. E, in più, anche “soltanto” chiedere o mandare la foto di genitali maschili è violazione, siccome questa è praticata a chi si crede inferiore, a chi si vede insignificante, come un oggetto.

È logico, ambedue i sessi fanno parte di questo sistema patriarcale, perché sin da piccoli siamo stati educati che la donna ne subisce il peso e il maschio ne ha il potere. Tuttavia questo è un potere che costerà alla sua parte femminile – la stessa che entrambi i sessi possiedono con la famosa denominazione di Jung “Anima e animus” – perché conterà solo essere “macho”, eliminando emozioni e creatività. Riprendendo Raffaele Morelli << E quindi, avendo perso il femminile dentro di se, ogni volta che una donna dice addio, scatta il tentativo di annientare il femminile che c’è in lui e al di fuori di lui>>, si ha una delle frasi più impattanti per spiegare il femminicidio.

La conseguenza? Diventano tutti “carnefici”, come dice la sorella di Giulia nel suo famoso ed esaustivo discorso, sono compresi anche chi non ha mai stuprato o ucciso. Non servono quest’ultime azioni per palesare il machismo che respiriamo nella quotidianità. Come dice il libro di Jude Ellison Sady DoyleIl mostruoso femminile” << Il patriarcato giunge in un mondo dove il donatore di sperma possa dominare sulle nascite agendo, come un Dio, dall’esterno e dall’alto. In questo nuovo ordine […] le donne detengono solo il potere della gravidanza, e ogni altro potere viene loro strappato via. La loro sessualità viene posta sotto stretto controllo […] vengono punite e ricacciate nell’unico ruolo che è consentito loro. Le donne non sono persone ma veicoli per la gravidanza […] che gli uomini usano per generare i “propri“ figli>>.

Cosecha Roya, Pinterest

Ci siamo caricati sulle spalle abitudini arcaiche, perché queste esistono da tantissimi anni. Per esempio ne “ Le Eumenidi” di Eschilo si parla di Oreste, un matricida che ha agito per vendicare l’uccisione del padre da parte della madre. Nonostante le Erinni, i demoni della vendetta, lo perseguiranno lui verrà giudicato innocente, solo perché ha difeso il “vero genitore”, ovvero, colui che dà la vita attraverso il seme, mentre la madre invece è solo un contenitore.

Per un cambiamento radicale serve lo sradicamento da ogni fonte denigratoria. Un esempio alla portata di tutti è l’ascolto della musica “Trap”, piena di parole sessiste, uno dei pilastri dell’influenza:

“Puta universitaria, si sente Miss Italia fa la sofisticata, mhm, verrà addomesticata [..] Troia, sono quello che sono buono, ma non fare la suora oppure te le suono” (“Clap clap” di SadTurs e KIID, cantata da Niky e Artie 5ive), oppure “Nuove troie non mi calmano, chiamano ancora” ( “Boss” cantata da Tony Effe) o “Le ho detto di andare più giù oh si ti devi impegnare se dopo mi piace sei la mia boo” (“Thick” cantata da Slings). E molte molte altre ancora…

Non serve dire quanto sia palese l’oggettificazione del genere femminile, quest’ultimo storpiato dal sesso del maschio. Quando la quotidianità normalizza questo tipo di visione, anche fra semplici note musicali, non ci si deve stupire di vivere in una società patriarcale, che spinge la donna a svezzarsi dalla sua natura, chinando la testa al testosterone.

Vadum Sperelup, Pinterest

Giulia Cecchettin non ha abbassato la testa, era alle porte di un traguardo verso la sua carriera ma purtroppo le sono state tagliate le ali da un comune e semplice ragazzo. Non era straniero, come si addice di solito per star bene con questa “coscienza patriottica”, non era malato, era un ragazzo semplice e questo ha toccato. <<Il femminicida non è malato ma è il figlio sano del patriarcato>> – uno dei tanti gridi della piazza-.

Tutti respiriamo questa insana aria, ci circola nelle vene e si manifesta nella semplicità: in una semplice depilazione, in complessi fisici, ecc.. malmenando quella che è la natura della corpo umano, solo per un uso e costume machista, l’ennesima piccola prova di appartenenza. Uscire di casa è diventato pericoloso, fidarsi fa paura, essere se stesse è diventato umiliante per la costante paura che venga affibbiato il famoso appellativo “troia”.


E ancora, bisogna ribadire che deve esserci giustizia, la donna non deve stare attenta, è l’uomo che deve tenere a freno la lingua e le mani, perché come si dice “una donna può dire di sì a 99 uomini, se dice no al centesimo è NO”. C’è bisogno di una realizzazione della naturale parità fra i sessi, soprattutto c’è bisogno che le forze dell’ordine agiscano senza aspettare il peggio; perché secondo le segnalazioni fatte da chi ha sentito le urla di Giulia, il 112 non sarebbe intervenuto, ma se ciò fosse avvenuto magari lei oggi sarebbe ancora qui.

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