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GWA: Che rapporto esiste tra omosessualità e genetica?

La sessualità è un fenomeno multisfaccettato della natura umana, influenzato da numerosi aspetti di tipo ambientale, psicologico e biologico. Nel 2019, un gruppo di ricercatori ha condotto uno studio internazionale per comprendere l’impatto della genetica sul comportamento sessuale dell’individuo, ottenendo dei risultati interessanti.

Metodo di studio del “Genome-Wide Association”

Lo studio è stato condotto utilizzando la tecnica del “Genome-wide Association” (GWA) su un campione di 500.000 soggetti dichiaranti di essere attratti da persone dello stesso sesso. Le persone analizzate erano comprese tra i 40 e i 69 anni ed erano di cittadinanza europea.

La GWA consiste nel trovare delle correlazioni tra i marcatori genetici delle persone e i loro tratti fisici e comportamentali.

GWA: risultati dell’associazione tra geni e omosessualità

Lo studio ha mostrato come soltanto cinque loci (posizioni genetiche) del genoma (l’insieme delle informazioni contenute nel DNA) riguardino solo una piccola parte del contributo di quest’ultimo sul comportamento sessuale della persona. Inoltre, ci sarebbero altre varianti (posizioni differenti) che, unite ai cinque loci (posizioni principali) del genoma, costituirebbero una percentuale significativa compresa tra l’8% e il 25%.

Questo conferma che la maggior parte del “lavoro” che influenza l’omosessualità di una persona, è svolto dai fattori ambientali e/o culturali. Il genoma è, quindi, solo una piccolissima parte di questa componente naturale umana.

I rischi del “Genome-Wide Association”

Sicuramente, uno dei problemi di questo studio riguarda la scarsa investigazione delle cause ambientali e/o educative relative al comportamento sessuale di una persona, limitando l’analisi soltanto ai fattori genetici.

Oltretutto, le conclusioni di questa ricerca sono state oggetto di “distorsione di significato” da parte di alcune persone, che hanno dedotto in merito a queste la possibilità di modificare il comportamento sessuale tramite terapie psicologiche, cosa chiaramente impossibile. A questo proposito, il ricercatore Joe Vitti ha commentato lo studio con le seguenti parole: “Come persona queer e come genetista, faccio fatica a capire perché fare uno studio di associazione genome-wide per il comportamento non-eterosessuale. Nessuno mi ha ancora dato un’argomentazione convincente secondo cui i potenziali benefici di questo studio superino i suoi potenziali danni”.

Un altro limite può riguardare il fatto che la ricerca sia stata condotta su una percentuale di persone di sola cittadinanza europea, il che non ha permesso di approfondire la distribuzione della sessualità in altre aree geografiche.

Oltre ciò, non si focalizza l’attenzione sulle altre forme di orientamento sessuale, di cui non viene fatto accenno.

I contributi del GWA, studio del rapporto tra omosessualità e genetica

Pertanto, la ricerca internazionale dei genetisti ha permesso di approfondire lo studio del comportamento omosessuale femminile, poco considerato negli altri test di genetica nell’ambito della sessualità.

Inoltre, questo studio dimostra che per poter parlare di “sessualità scelta dalla persona”, bisognerebbe ignorare totalmente l’impatto che la genetica ha sul suo comportamento sessuale, che, invece, è determinante insieme ad altri fattori.

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