L’Hallyu o ‘Korean Wave’: il caso dei Chaebol
L’Hallyu, la celebre onda culturale coreana, e i chaebol hanno reso la Corea del Sud un modello di sviluppo globale negli ultimi decenni. Questo articolo analizza le radici del “Miracolo sul fiume Han” e le sfide connesse a una crescita tanto straordinaria quanto complessa.
L’influenza asiatica nella cultura occidentale
Da anni ormai si assiste a un poderoso propagarsi di un’influenza asiatica all’interno della cultura occidentale, dalla cucina a prodotti quali film o libri. L’avvento di questo fenomeno si può ricondurre – soprattutto in Italia – all’affermarsi dei famosi manga e anime giapponesi, fumetti e cartoni originari del Giappone, intorno agli anni Novanta. L’orientalismo che da sempre affascina l’Occidente ha avuto, così, nuove forme.
La crescente popolarità della Corea del Sud
Oggi però assistiamo a una sempre maggiore presenza degli altri paesi dell’Asia. In particolare, negli ultimi anni, a conoscere una forte popolarità e diffusione è stata la Corea del Sud, o Repubblica di Corea, una nazione fino a cinquant’anni fa poverissima, distrutta dalle guerre, che nessuno si aspettava potesse diventare un giorno un modello per gli altri Paesi in via di sviluppo.
L’ascesa dell’Hallyu
A partire dagli anni Novanta, l’esportazione di una vasta gamma di prodotti, tra cui videogame, cosmetici, cibo e, in particolare, tecnologia (come dimostra il successo del marchio Samsung), ha reso la Corea del Sud un attore di primo piano nella cultura e nel commercio mondiale, dando origine a quello che viene chiamato Hallyu (한류) o Onda Coreana.
Oggi l’Hallyu rende oltre dodici miliardi di dollari all’anno all’economia coreana e si è rivelata così potente da diventare oggetto, al museo V&A South Kensington di Londra della mostra Hallyu! The Korean Wave, e da essere definita: “Il più grande, il più veloce mutamento di paradigma culturale del mondo nella storia moderna”.
La democrazia e la trasformazione culturale
Il preludio di tutto può coincidere con l’avvento della democrazia all’interno del Paese. Con l’instaurazione della democrazia, fu avviata una transizione sociale e culturale, aumentano gli scambi della Corea con altri paesi, sia a livello pubblico che privato, e anche emigrazioni e viaggi all’estero si intensificano.
Fino a questo periodo lo sviluppo economico e le esigenze politiche perseguivano fini collettivi e opposti alla libertà individuale, con gli anni ’90 invece le persone iniziano a dare la precedenza nei propri princìpi alla propria felicità personale piuttosto che alla retorica del bene pubblico.
Il ruolo delle chaebol nell’economia coreana
Soprattutto un forte impatto economico derivò delle chaebol – grandi conglomerati industriali e finanziari, o “aziende polipo”, che furono organizzati secondo principi di lealtà e integrità ideologica – le quali inizialmente operavano nel campo dell’industria pesante, per poi espandersi verso altri settori-chiave dell’economia sudcoreana.
Le chaebol, infatti, ricevevano dallo Stato prestiti e finanziamenti da utilizzare per lo sviluppo delle proprie attività imprenditoriali, a beneficio delle poche famiglie che controllavano i conglomerati, dalle quali dipendeva il successo della nuova economia sudcoreana.
L’impatto economico delle chaebol
Secondo gli ultimi dati forniti da Stratfor, le chaebol controllano il 77% dell’economia coreana, generando una quantità tale di denaro da rendere il Paese uno dei più dipendenti da una manciata di gruppi aziendali. Tra i più noti anche in Occidente abbiamo Samsung (che controlla il 41% dell’economia), Hyundai (con il 13%), LG (9%) e SK Group (7%).
I principali 64 chaebol fatturano ogni anno cifre superiori all’80% del prodotto interno lordo della Corea del Sud, e nel 2014, dai dieci più importanti conglomerati industriali aveva origine l’88% delle esportazioni totali del paese.
Il lato oscuro delle chaebol
L’ascesa economica e di modernizzazione coreana sarebbe perciò impensabile senza l’apporto di questi gruppi industriali, i quali si sono estesi grazie anche al contributo dei vari presidenti che si sono susseguiti dagli anni Cinquanta in poi.
Il ‘Miracolo sul fiume Han’ viene notoriamente attribuito al governo di Park Chung-hee il quale, dopo aver ottenuto la carica con un colpo di Stato, si propose l’obiettivo di concentrare l’economia del Paese sull’esportazione, sfruttando anche la nascente alleanza tra la grande industria e il governo.
L’altro lato della medaglia – il suo lato in ombra – è però che questi grandi agglomerati hanno potuto crescere e arricchirsi grazie anche all’utilizzo di un numero elevato di manodopera a prezzi bassissimi.
La percezione moderna delle chaebol
Se infatti è indubbio che le chaebol furono le protagoniste del miracolo sudcoreano – un’economia prevalentemente agricola che seppe organizzare un sistema industriale all’avanguardia – è anche vero che riuscirono a svilupparsi grazie a un’organizzazione fondata su una ferrea disciplina lavorativa e sulla lealtà alla famiglia, affidando posti-chiave a parenti o amici.
Ad oggi la visione dei chaebol in Corea sembrerebbe quindi essere diventata duplice: da una parte per molti giovani coreani ottenere un lavoro presso aziende come Samsung o Hyundai significa realizzare il sogno di una vita; dall’altra, un sondaggio dell’unione sindacale Ituc condotto nel 2017 ha riportato che due terzi dei coreani e il 75% di coloro che hanno tra i 20 e i 30 anni hanno un’opinione sfavorevole dei chaebol, citando il loro impatto negativo sull’economia e il ruolo nell’aumento delle disuguaglianze e della corruzione.
Conclusione
In conclusione, i chaebol coreani sono stati una forza trainante dell’economia coreana e hanno dimostrato l’importanza di una forte cooperazione tra il governo e le imprese per promuovere la crescita economica e l’importanza di investire nella ricerca e sviluppo per diventare leader mondiali in molti settori.
Tuttavia – se vogliono continuare a mantenere la loro importanza e il loro potere – ci sono alcune sfide che aziende e governo dovranno affrontare, prima fra tutte una riforma dei chaebol e costituzionale per porre fine al ciclo di corruzione: il potere del presidente e dei dirigenti nelle posizioni di gestione di questi agglomerati deve essere limitato e le piccole e medie imprese devono poter crescere.
📷 Fonte copertina: Youtube