Speciale Corea del Sud

Dimenticare è maleducato: il culto della memoria nei cimiteri sudcoreani

In Corea del Sud, la morte non è un confine netto. E la memoria, per i coreani, è una forma di rispetto. Dimenticare qualcuno, infatti, anche a distanza di decenni, è considerato non solo triste, ma scortese. 👇

voceliberaweb.it Celebrazione dei defunti in Corea del Sud valentinacalzia.com 📸

Ogni anno, durante il Chuseok, la festività del raccolto, milioni di coreani lasciano le città e tornano nei luoghi d’origine per rendere omaggio agli antenati. Non si tratta di nostalgia; sarebbe, forse, più facile definirlo un obbligo morale. I riti ancestrali, jesa, prevedono che si puliscano le tombe, si offrano cibo, si accendano incensi. I defunti vengono trattati come ospiti d’onore.

Le tombe stesse, spesso disposte in eleganti colline erbose chiamate myo, non sono nascoste, ma integrate nel paesaggio. L’idea è che i morti continuino a “vivere” tra i vivi, con discrezione. Non disturbano, ma nemmeno svaniscono.

Negli ultimi decenni, con la modernizzazione e l’urbanizzazione, molte famiglie hanno spostato i resti dei loro cari in parchi memoriali moderni: cimiteri privati che sembrano giardini zen. Alcuni sono tanto curati da sembrare resort spirituali, con laghetti artificiali, caffetterie e musica in sottofondo.

Ma anche qui, il gesto rimane lo stesso: si va, si pulisce la lapide, si parla con chi non c’è più. E non è raro vedere persone in giacca e cravatta inginocchiarsi davanti a una foto incorniciata, offrendo una lattina di birra o un piatto di riso al padre, alla nonna, al fratello scomparso.

In una società dove l’individuo è spesso subordinato al gruppo, la memoria non è una scelta personale: è un legame sociale. Ogni famiglia si racconta anche attraverso i suoi morti. Gli antenati sono la garanzia di continuità, l’autorità invisibile che guida il presente.

Non è un caso che nei curricula scolastici e lavorativi venga chiesto spesso da dove si provenga, chi siano i genitori. La storia personale non è solo tua: è la storia di chi ti ha preceduto. La memoria, in Corea, è struttura portante dell’identità.

Eppure qualcosa sta cambiando. La pressione urbanistica ha ridotto lo spazio per i sepolcri tradizionali. Cresce la cremazione, nascono columbari futuristici dove le urne sono ordinate in pareti luminose. Alcuni giovani faticano a mantenere i riti familiari, troppo distanti, troppo onerosi, troppo “antichi”.

Ma il rispetto resta. Anche nei memoriali digitali, anche nelle commemorazioni online, anche in una foto sul profilo social il giorno dell’anniversario. È un lutto che si modernizza, ma non si dissolve. La memoria cambia forma, non sostanza.

In Corea del Sud, ricordare è un gesto quotidiano, silenzioso, naturale. È un modo per dire: “Non ti lascio indietro. Anche se vivo, non dimentico”.
In un mondo che spinge a voltare pagina in fretta, questo attaccamento ai propri morti può sembrare anacronistico. Ma forse è solo profondamente umano.

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