La moda, Coco e il Covid: alla ricerca della personalità
La moda è arte e comunicazione: è lingua non verbale in cui specchiarsi o tramite cui sentirsi parte di un gruppo. Ed è, soprattutto, un modo per esprimere le proprie emozioni e la propria individualità: tutto grazie alla combinazione dei colori, ai simboli, alle icone, ai tessuti, ai tagli, ai modelli, ecc…
Di conseguenza, l’immediatezza dell’abito posto davanti a noi, ci trasmette dei messaggi e, talvolta, ci fa capire con chi ci stiamo relazionando.
La moda affonda le proprie radici lontano ovvero intorno al 1200-1300 in Oriente, anche se il bisogno di coprirsi lo possiamo rintracciare molto prima, fin dai tempi in cui l’uomo viveva nelle caverne. Nota storicamente anche come costume, essa nasce solo in parte dal bisogno umano di sopravvivere per rivestirsi di tessuti, pelli o materiali indossabili; col tempo la sua funzione cominciò ad essere quella di far distinguere i tratti sociali e i gradi nobiliari degli individui. Agli inizi dell’800 prese forma il concetto di moda che intendiamo noi e l’interesse economico verso di essa venne acceso dalla rivoluzione industriale: una nuova ondata di tecnologie tessili, l’esportazione in tutta Europa, l’incremento della produzione.
Il periodo post-guerra degli anni ‘20 e la scoperta delle tombe egiziane fu importantissima non solo dal punto di vista storico-archeologico ma anche da quello “estetico”: infatti, le decorazioni egiziane divennero il modello chiave per rendere i costumi più vivaci. La loro eleganza non passò per nulla inosservata tanto da essere universalmente riconosciuta. Negli anni a seguire, la moda acquistò maggiore importanza, si espanse sempre di più e cominciò un ciclo continuo di creazione, produzione e comunicazione.
Ma la vera rivoluzione arrivò con Coco Chanel: se oggi le donne non indossano più il corsetto lo devono alla più grande innovatrice della moda femminile. È grazie a lei che essa ha subito un cambiamento sorprendente: l’ha resa pratica e lineare adottando il tubino nero e i pantaloni (elemento indispensabile ai giorni nostri), la gonna al ginocchio e il jersey, i taileurs e le giacche, i tweed e le borsette rigorose ed eliminando invece i busti, adattando gli abiti ritenuti maschili “sartoriali” e lo stile marinaro all’attitudine femminile. E non si trattava solo di abiti, ma anche di scelte politiche e liberatorie per la vita delle donne per le quali vestirsi, grazie a Coco, è diventata così un’attività semplice, comoda ed estetica, non puro scenario.
Eppure, negli ultimi anni, l’emergenza Covid-19 (soprattutto nel 2020) ci ha portato a stare spesso a casa per cui il pigiama è diventato il vero “must”, nonostante l’appello di molti influencer a non trascurare la propria persona; questo perché curare il modo di vestirsi significa anche prendersi cura di sé.
In questa prospettiva, dunque, ogni sfilata rappresenta in fondo un nuovo stimolo a migliorarsi, a valorizzarsi e, se riadattata al nostro corpo e al nostro stile in maniera creativa, a sottolineare la nostra personalità ed unicità.