Laboratorio di cucina “non solo dolce (in) compagnia: un’esperienza di inclusione”
L’inclusione è un tema centrale nella scuola di oggi. Ai docenti si chiede, infatti, di adottare un insegnamento inclusivo, di essere flessibili per venire incontro ai diversi stili cognitivi e di apprendimento di tutti gli alunni.
La diversità diventa molto più evidente nel caso degli alunni con disabilità, per adattarsi alla quale l’intervento didattico dell’insegnante di sostegno può notevolmente distanziarsi dalla regolare didattica seguita dalla classe. Gli alunni con grave disabilità intellettiva, per esempio, che spesso non possiedono il linguaggio, seguono una didattica differenziata.
Come possono incontrarsi questi mondi diversi? Come si può fare in modo che, nonostante la distanza con i pari, gli alunni con disabilità possano stare in classe e condividere il normale andamento della giornata o, almeno, parte del tempo con i loro compagni?
L’inclusione, questo “obiettivo etico” radicato nelle menti e nei cuori degli insegnanti di sostegno (e, fortunatamente, in molti casi non solo in loro) non è facile da raggiungere. È una sfida impegnativa che richiede interesse e partecipazione da parte di tutta la comunità scolastica e che deve poi proseguire oltre, nella prospettiva più ampia della società.
L’inclusione non è un processo scontato, dipende da tante variabili, ma da qualche parte si deve comunque iniziare e, se gli obiettivi sono alti, si procede a piccoli passi, ognuno dei quali è una grande conquista.
Come dice il titolo “Non solo dolce (in) compagnia”, il laboratorio di cucina è un’occasione dinamica e socializzata, durante la quale si realizza una ricetta insieme; dolce ne è il risultato, ma anche lo stare insieme, perché nella condivisione tutto diventa più gioioso e vivace. Gli incontri si tengono ogni martedì nella sala del Laboratorio di Metodologie Operative dell’Istituto professionale “Lucia Mangano”. A causa delle limitazioni anti-Covid si svolge per un numero limitato di quattro ragazzi con disabilità, i rispettivi insegnanti e un compagno, a turno, della classe 3N, come tutor.
In questa occasione i ragazzi dell’indirizzo socio-sanitario vengono coinvolti nel laboratorio come osservatori del loro compagno A. Preparati sul loro ruolo e su piccole regole da seguire, saranno valutati per la loro empatia. L’obiettivo non è infatti “saper fare” un dolce, ma interagire e cercare di capire il compagno con disabilità; ognuno è una risorsa per l’altro: dal limite che si incontra per farsi capire nasce un’ipotesi di intervento, una strategia; se la giornata è difficile e si è di cattivo umore, si accetta perché semplicemente può capitare. Quando si riesce ad essere empatici, lo si diventa mettendosi nei panni dell’altro, senza farsi travolgere dall’emozione, perché “empatia” vuol dire comprensione e vicinanza, ma rimanendo saldi e lucidi per poter essere concretamente di aiuto e sostegno.
Nel laboratorio vengono utilizzate delle schede visive delle ricette, che suddividono il compito in tante piccole unità, semplificando le dosi (vengono usati i bicchieri come unità quantitative e non i grammi) con immagini che “parlano” a chi non sa leggere. Gesti quali il “mescolare” o “l’aggiungere” un ingrediente, “tenere” uno sbattitore in mano, “spalmare”, “decorare” un biscotto, sono importanti per la manualità e costituiscono un’occasione di interazione e, quindi, contesto concreto per uno scambio comunicativo.
Ai tutors viene poi chiesto di compilare un questionario, nel quale si chiede la loro opinione, cosa hanno scoperto di nuovo del compagno o degli altri ragazzi, come hanno vissuto l’esperienza. Per me, che li valuto, è sempre un’emozione scoprire un loro pensiero; qualcuno non vive assolutamente la disabilità come un problema, qualcuno si trova in imbarazzo e ha un po’ di paura. L’importante è che i ragazzi imparino a rapportarsi con chi è diverso da loro, che “vedano” chi stia accanto come una risorsa e non come un problema, nella consapevolezza che tutti siamo certamente diversi e tuttavia uguali nell’umanità.
Due compagne riferiscono: “Stando più a stretto contatto con A. durante il laboratorio di cucina, ci siamo rese conto di tutte le difficoltà che il nostro compagno affronta ogni giorno anche nelle piccole cose: farsi capire dagli altri, il fastidio che prova per i rumori forti, il non riuscire a fare ciò che egli desidera. Nonostante ciò, grazie a questa esperienza, siamo riuscite a sintonizzarci meglio sui suoi bisogni, abbiamo imparato a comprendere quello che sa fare e riconosciamo che anche lui, come noi, ha delle potenzialità. Abbiamo cambiato la nostra prospettiva, perché mentre prima pensavamo che per “stare bene” insieme bisognava accontentarlo, adesso abbiamo capito che anche A. riesce a rispettare delle regole e a fare delle cose con i suoi compagni. Adesso, quando è in classe, si relaziona in modo diverso con noi, che cerchiamo di incoraggiare i suoi comportamenti autonomi, come il semplice buttare la carta nel cestino o concentrarsi in un’attività, rimanendo seduto al posto; rispondiamo alla sua vicinanza e, quando è possibile, giochiamo con lui. Non può però assolutamente mancare l’applauso quando si congeda da noi; ciò gli dà un’enorme carica di entusiasmo, perché è una forma di apprezzamento da parte nostra e, per lui, il tipico irrinunciabile saluto”.