Capsula Mundi: la morte che dà vita
Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris
Ricordati, uomo, che polvere sei e in polvere ritornerai.
Di primo acchito e al solo sentirne parlare, molti rabbrividirebbero.
La morte non è un argomento popolare, ma quasi un tabù, specialmente se di mezzo vi sono cadaveri e materiale organico in decomposizione.
Per quanto possa sembrare macabra e raccapricciante, però, quella della Capsula Mundi è un’idea in sé e per sé curiosa. Romantica, da un certo punto di vista, ma, soprattutto, eco-friendly.
Il progetto di Capsula Mundi: in cosa consiste?
Capsula Mundi, come è possibile leggere sul sito del progetto, mira proprio a cambiare il nostro approccio con la morte.
Protagonista è un’urna ovoidale biodegradabile, all’interno della quale le ceneri dei nostri defunti vengono lì deposte per il loro eterno riposo. Ad accompagnarle, dei semi, scelti da loro stessi in vita.
La capsula è, poi, sepolta nella terra, e, proprio come un seme, schiudendosi lascerà germogliare quello che con gli anni diventerà un albero. Una sorta di memoriale che i cari possono curare, dando al tempo stesso un omaggio al ricordo di chi non c’è più.
La morte che dà vita, insomma, o, come ne recita l’homepage, “la vita che non finisce mai”.
Questa iniziativa, tutta made in Italy, nasce a partire da alcune considerazioni, circa l’impatto negativo che una normale bara costituisce per l’ambiente.
“È l’oggetto con il più breve ciclo di vita e quindi con il più alto impatto ambientale” afferma il team di Capsula Mundi, “La crescita di un albero – infatti – richiede dai 10 ai 40 anni, a fronte di tre giorni di fruibilità del prodotto”.
Senza contare il fatto che per produrne anche solo un esemplare, serva il legno di un intero albero. Solo in Italia, la media di alberi abbattuti a questo scopo ammonterebbe a 600 mila. Una vera e propria deforestazione.
Ecco, quindi, che Capsula Mundi non solo rappresenterebbe una limitazione al fenomeno, ma anche una sostanziale compensazione.
Da non tralasciare, anche il risvolto estetico di questa scelta sostenibile: “Albero dopo albero, il cimitero diventerà un bosco, un luogo libero da segni e da architetture commemorative”.
Un bosco “sacro” e florido a soppiantare il grigiore lugubre del cemento, un vivido cimitero verde custodito e protetto dalla collettività.
Ma in Italia…
Le sepolture verdi sono una pratica diffusa in molti paesi. Non in Italia, dove l’attuale normativa cimiteriale, in vigore dal 1934, ha messo fuorilegge le inumazioni verdi come la Capsula Mundi.
Un sistema che rimane ancorato nel passato, che continua ad alimentare vertiginosamente il business del caro estinto. Un sistema chiuso e ritroso nei confronti del cambiamento, che nega ogni possibilità alla scelta del modo in cui abbandonarsi all’eternità.
Ma i creatori non si fermano, decisi a ristabilire, o quanto meno permettere di farlo, quel ciclo biologico a cui l’uomo, in quanto anch’esso natura, non può sottrarsi.