Dale Earnhardt: la tragedia del mondo NASCAR.
Il pilota Dale Earnhardt nacque il 29 aprile 1951 a Kannapolis, figlio dell’ex Campione NASCAR Nationwide Series, Ralph Earnhardt.
Iniziò a correre in auto a 17 anni e nel 1975 fece il suo debutto nella NASCAR con il numero 3.
Negli anni ’80, Dale Earnhardt divenne uno dei migliori piloti della serie, conquistando il podio nel campionato NASCAR del 1980.
Fondò anche la Dale Earnhardth Inc. insieme alla sua terza moglie.
Fu un padre presente e coinvolse sin da subito il figlio Dale Jr. nel mondo delle corse negli ovali americani.
Negli anni ’90, diventò uno dei piloti più famosi al mondo grazie alla sua personalità e al suo stile aggressivo di guida, venendo soprannominato “The Intimidator”.
Questo successo continuò per altri 10 anni, fin quando si concluse tragicamente nel 2001.
Il 18 febbraio 2001, il pilota scese in pista per la Daytona 500.
La competizione ebbe inizio e, come in ogni evento NASCAR, i piloti decisero di riservare le sfide alle battute conclusive.
Dale si trovava ad un passo dalla fine della gara, quando Sterling Marlin lo attaccò dall’interno e Dale, cercando di resistere, finì per toccare la vettura di Ken Schrader.
Tentando di recuperare, colpì il muro esterno e si schiantò lungo la pista.
Schrader fu il primo a rendersi conto delle gravi conseguenze dell’incidente.
Dale fu portato all’Ospedale Halifax Medical Center, dove morì alle 17:16 a causa di una frattura alla base del cranio dovuta alla violenta frenata.
Il pilota non indossava il collare HANS, un dispositivo che permette di attutire i colpi alla testa e al collo.
L’uso divenne obbligatorio solo in seguito.
Dopo la sua perdita, la categoria iniziò a lavorare per garantire maggiori livelli di sicurezza, sviluppando nuove barriere protettive nel 2005 e introducendo nuove regole nel 2007 che portarono alle “Car of Tomorrow”, modelli simili a quelli di strada.
Ancora oggi, nel terzo giro di ogni gara, gli appassionati mostrano tre dita in memoria del pilota e durante lo stesso giro i telecronisti rispettano un silenzio intenso e solenne.
Dal 2010, il suo nome fa parte della NASCAR Hall of Fame, rammentando a tutti gli appassionati il triste destino di quella fatidica corsa e l’importanza della sicurezza nelle competizioni automobilistiche.