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Francia, cade l’esecutivo Barnier. Macron sul banco degli imputati

Dopo appena tre mesi il primo ministro francese Michel Barnier è stato costretto a dimettersi. A decretare la fine dell’esecutivo Barnier è stata una doppia mozione di censura che ha visto favorevoli 331 deputati contri i 289 contrati. Il governo guidato dall’ex commissario europeo è stato inghiottito dall’instabilità politica che nell’ultimo periodo ha investito l’intera Francia, con i partiti di estrema destra e sinistra che hanno raccolto gradualmente sempre più consensi. Nei giorni scorsi erano stati proprio i leader di queste due fazioni, Marine Le Pen per il Rassemblement National e Luc Melenchon per La France Insoumise, ad annunciare la volontà di mettere la parola fine all’attuale esecutivo.

Dopo questo ennesimo scossone molti hanno puntato il dito contro Emmanuel Macron, ritenuto responsabile di non aver saputo dar vita ad un governo stabile e capace di guidare la nazione, mentre dall’Eliseo fanno sapere come lo stesso Presidente non abbia mai pensato alle dimissioni, ritenendo un’elezione anticipata rispetto a quelle del 2027 “inutile ai fini di una risoluzione”.

Certamente la complicata situazione, già tale all’indomani del voto delle elezioni europee, vede nella forma di governo francese un ulteriore ostacolo. La forma di semipresidenzialismo francese, definito anche sistema “bicefalo”, si realizza attraverso la condivisione del potere esecutivo tra il Presidente della Repubblica francese e il primo ministro, capo del governo. Poiché queste due figure non sono sempre espressione della stessa area politica, la possibilità di assistere a “convivenze forzate” è molto alta, determinando o ulteriori tensioni o tentativi di creare esecutivi “più favorevoli” al Presidente della Repubblica. Su quest’ultimo punto si concentrano molte delle critiche rivolte a Macron, etichettato da molti come responsabile della caduta del governo Barnier.

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