Gabriele Gravina è il monarca del calcio italiano
Dal 2018 ininterrottamente alla guida della Federcalcio, il dirigente pugliese è stato riconfermato al vertice del calcio italiano anche per il quadriennio 2025-28, e di nuovo con una percentuale bulgara👇

Nessuna sorpresa dall’assemblea elettiva della FIGC tenutasi a Roma lo scorso 3 di febbraio. E d’altronde nessuna sorpresa avrebbe potuto esserci, considerando che il presidente uscente Gabriele Gravina si presentava agli elettori come candidato unico, ovvero senza avversari che potessero insidiarlo. Appariva pertanto scontato che le componenti titolate al voto (le 4 principali leghe calcistiche, atleti, tecnici e arbitri) lo avrebbero riconfermato nel ruolo che ricopre senza interruzioni dal 22 ottobre 2018, quando si issò per la prima volta al comando della Federcalcio con il 97,2% dei voti, dopo gli otto mesi di commissariamento federale seguiti alle dimissioni di Carlo Tavecchio.
Così è stato anche per le ultime elezioni, che hanno consegnato a Gravina il terzo mandato presidenziale consecutivo, ancora con una percentuale ‘bulgara’ di consensi (98%). Di “era Gravina”, se non proprio di “regno”, sembra a questo punto opportuno parlare; se il dirigente sportivo pugliese, infatti, riuscisse a portare a termine anche questo mandato (che si concluderà nel febbraio del 2028), diventerebbe il secondo presidente più longevo nella storia della FIGC(dietro solo a Ottorino Barassi, in carica dal 1944 al ’58). Insomma, con un decennio di comando all’attivo si tratterebbe quasi di un periodo ‘monarchico’ più che presidenziale.
Un dato, quest’ultimo, che risulta alquanto paradossale se si guarda all’operato di Gabriele Gravina – in verità assai contestabile – nei sette anni trascorsi a capo del movimento calcistico italiano. Nessuna riforma significativa, a dispetto delle promesse, ben due flop di fila della Nazionale (mancata qualificazione ai Mondiali 2022 e disfatta negli ultimi europei, cui l’Italia prendeva parte da campione in carica). Eppure, lungi dal venire intaccata – come sarebbe stato normale – da siffatti risultati, la sua leadership ha negli ultimi tempi conosciuto un grande rafforzamento, tanto da consentirgli di rendere innocue le poche voci rimaste dissonanti in seno alla Lega Serie A (quelle di De Laurentiis e Lotito) e di resistere, insieme al sistema, alle recenti ingerenze della politica, che il sistema avrebbero potuto scuoterlo (emendamento Mulè).
Non c’è da stupirsi, dunque, se a fronte di un tale concentramento di potere in capo ad una sola figura, le ultime elezioni federali siano state poco più che una formalità.
