La Famiglia multidimensionale
La famiglia è un’isola che “il mare del diritto deve solo lambire”, così la definiva un celebre giurista, Arturo Carlo Jemolo, vissuto a cavallo dei due secoli scorsi. Dopo la legge sul divorzio (1.12.1970), abbiamo visto la famiglia posta sotto una lente di ingrandimento, esaltata per i suoi evidenti valori sociali, oppure biasimata per le sue dinamiche, a volte, disarticolate e caotiche. La famiglia balzata, quindi, agli onori delle cronache. Resta, però, l’istituzione primigenia, posta alla base della società. Un tempo aveva le caratteristiche di un nucleo allargato, in senso verticale, con la presenza in casa dei nonni, degli zii, dei genitori coi figli, in un contesto multigenerazionale. Il fenomeno oggi si è ridimensionato, le famiglie sono mononucleari, coi due genitori e i figli. Ma, le vicende della vita, a volte, hanno risvolti dolorosi e il genitore superstite deve assumersi gli oneri, i comportamenti e le responsabilità del genitore che non c’è più, cercando di rendere al meglio il suo ruolo di educatore, nel ricordo e nel rispetto anche dei valori del genitore scomparso. Ed ecco la chiave di tutto, il “rispetto”.
Qualunque sia la nostra età anagrafica, tutti noi abbiamo partecipato a dei gruppi più o meno spontanei, scolastici, ludici o, semplicemente, familiari, nei quali un insieme di persone si muove, per divertimento, verso la scelta di un’attività comune, di un modo con cui trascorrere piacevolmente il tempo. Questa attività, per massimizzare il gradimento, deve essere individuata sulla base dei desideri comuni; non è opportuna, infatti, la scelta di una modalità che non sia gradita anche solo a una minoranza, perché ciò frammenterebbe il gruppo, lasciando scontenti alcuni partecipanti. Questa banale esperienza comune, ci porta a considerare che, in una situazione dinamica come quella attuale, dove le famiglie si scompongono e ricompongono (poiché ciò è nella natura umana), in conseguenza di lutti, separazioni o divorzi, generando figli anche fuori da un matrimonio tradizionale (unioni di fatto, convivenze), e son capaci di dar vita, comunque, a dei progetti d’amore e a buoni propositi per l’avvenire, in una famiglia così dinamica, come quella che oggi vediamo, non ci sono regole nuove perché si possa instaurare il giusto clima all’interno del nuovo nucleo, sarà solo il “rispetto” dei genitori verso i loro figli che potrà portarli ad adattare gradualmente, con attenzione, con tenerezza, con la giusta comunicazione, il figlio verso questo nuovo assetto familiare.
I genitori single con prole devono avere la capacità di tutelare principalmente l’interesse dei figli, introducendoli in un nuovo nucleo familiare, con le dovute forme, con i dovuti tempi, facendo affiatare, gradualmente, tra loro i componenti di questa “famiglia in divenire”, attenti però a cogliere eventuali dissensi, attriti, disagi, perché far finta di non vederli peggiorerebbe le cose. Un ragazzo, non importa se figlio di una famiglia tradizionale, allargata, di fatto o di un nucleo ricomposto (dopo un lutto, una separazione o un divorzio), quali strumenti ha per tentare di intervenire sulla sua realtà e riprendere dei comportamenti scorretti, nei suoi confronti o nei confronti di uno dei genitori, dei fratelli o dei parenti stretti? A mio parere, l’adolescente oggi ha la possibilità di manifestare un suo disagio, molto più di ieri. Di certo, il mondo della scuola può intervenire in queste dinamiche, ma deve innanzitutto darsi una credibilità, un’autorevolezza, un’affidabilità agli occhi dello studente. Il professore, il maestro devono guadagnare la fiducia dei propri studenti, perché esso non è un sentimento spontaneo.
Un tempo bisognava mostrare rispetto formale verso il professore che entrava in classe, alzandosi in piedi e salutandolo in coro, ma ciò non era la giusta considerazione da attribuire all’insegnante. Il rispetto deve essere reciproco, non è un sentimento unilaterale, soprattutto quando trattiamo di rapporti e comportamenti umani. Il giovane che prova un disagio, qualunque esso sia, per bullismo, violenza subita o assistita, attenzioni indesiderate da parte di qualcuno della sua famiglia, o che coabita con lui, potrà intanto rivolgersi alla scuola, all’insegnante e accennare alle sue difficoltà, solo se essa potrà costituire un riferimento accogliente e autorevole, non solo autoritario e punitivo. E, ovviamente, dovrà poter colloquiare con il genitore di riferimento, che a sua volta dovrà essere attento, autorevole, cordiale, compassionevole, dovrà essere in breve un “genitore”.
Con queste premesse, il minore in difficoltà potrà confidarsi o con l’adulto di riferimento, oppure telefonare o chattare con un operatore del Telefono Azzurro e, in situazioni assolutamente estreme, anche con un pubblico ufficiale (per il codice penale, il minore che abbia compiuto i quattordici anni può decidere autonomamente di sporgere denuncia/querela, magari recandosi di persona presso la polizia o i carabinieri). Ogni famiglia porta in sé il germe dell’anti-famiglia, tutti i comportamenti hanno un loro opposto, oggi però rileviamo una maggiore comunicazione sul tema, organi di stampa, articoli pubblicati on-line, libri e servizi televisivi costituiscono una cassa di risonanza formidabile per i fenomeni luttuosi e criminali, che hanno anche a che vedere con la famiglia, ma che in realtà sono sempre esistiti, solo che se ne parlava di meno e avvenivano sottotraccia.
Oggi abbiamo statistiche su qualunque fenomeno, compreso ciò che riguarda l’isola “che il mare del diritto può solo lambire”, e questo ci porta la falsa consapevolezza che questi episodi siano molto diffusi e di enorme portata. Ritengo che nulla sia cambiato, però, rispetto agli anni ‘70 o ai decenni precedenti, non è stata la separazione o il divorzio che hanno generato queste situazioni di disagio. Bullismo, abusi, violenza, sono fenomeni sempre esistiti. La mia esperienza professionale e umana mi porta solo a ritenere che, oggi sia maggiormente possibile, per il minore in difficoltà, chiedere un “aiuto”. Su tutto aleggia, però, un interrogativo assai serio ed inquietante: chi formerà i genitori di domani?