Hanno rubato le stelle
Il buio della notte fa spesso paura. La mancanza di luce ti getta in tutto ciò che è sconosciuto e tenebroso, ti toglie ogni punto di riferimento, non ti permette di orientarti. È anche per questo che affidiamo alle stelle i nostri pensieri, le nostre paure, i nostri sogni. Esse sono il punto di riferimento più luminoso nella massima rappresentazione dell’ignoto. Attirano il nostro fascino, catturano le nostre ansie, nell’oscurità della notte le cerchiamo come i bambini fanno con le mani della madre, e pur crescendo, ad esse riserviamo la stessa meraviglia con la quale ci hanno conquistato per la prima volta da piccoli.
Luigi Pirandello ne “I quaderni di Serafino Gubbio operatore” scrive “A quanti uomini oppressi, schiacciati dalla tristezza, dalla miseria, farebbe bene pensare che sopra il soffitto c’è il cielo e che nel cielo ci sono le stelle?”. Nonostante il ruolo di acchiappasogni, purtroppo non sempre gli astri riescono ad essere il “porto sicuro” nel quale rifugiarsi, la luce che il bambino può guardare per non avere più paura dell’oscurità della notte. Non lo possono essere sempre, non lo possono essere quando la loro luce è sostituita da quelle delle esplosioni delle bombe e quando il silenzio nel quale sono assolute protagoniste viene spezzato dal rumore degli spari. Oggi anche in Europa i più giovani stanno sperimentando l’incubo che ha tragicamente accomunato in questi anni i bambini afghani, quelli palestinesi o quelli iracheni: vedere le bombe sostituire le stelle. Ciò che prima era un punto di riferimento è sostituito da ciò che porta distruzione, ciò che ti proiettava nel futuro con ciò che adesso ti trascina nel baratro. E i bambini in Ucraina stanno vivendo tutto ciò.
Sono soprattutto i più piccoli a vivere di sogni o di aspirazioni guardando al futuro, i più grandi invece “sognano” guardando al passato, trasformando troppo spesso un sogno o un desiderio irrealizzabile in un delirio di onnipotenza. È questo il caso di Vladimir Putin. Il tentativo di motivare pubblicamente l’attacco all’Ucraina con argomentazioni storiche, per altro non sufficienti per spiegare il vero equilibrio geopolitico al quale la Russia tende da una parte e la Nato dall’altro, trova nella storia stessa anche esempi di saggezza e di buonsenso ai quali il presidente russo dovrebbe forse guardare. Montesquieu affermava infatti “Se sapessi una cosa utile alla mia nazione ma che fosse dannosa per un’altra non la proporrei al mio principe, poiché sono un uomo prima di essere un francese o meglio, perché io sono necessariamente un uomo, mentre sono francese solo per combinazione”.
L’affermazione della comune natura umana che il filosofo e giurista francese fa dovrebbe essere utile però a tutti i leader del mondo. Nel tumulto di questi giorni, come nel caso della Russia con l’Ucraina, si allunga anche la mano della Cina su Taiwan, mettendo in atto un escalation di tensioni che hanno come inevitabile risultato ciò che si sta consumando sul territorio e nei cieli di Kiev. In queste occasioni gli Usa e l’Europa devono cercare di rispondere con la diplomazia e non con le armi, tenendo paradossalmente a mente il monito di una figura lontana da ogni tratto gandhiano qual è Friedrich Nietzsche. Nel quarto capitolo del suo scritto “Al di là del bene e del male” scrive infatti “Chi combatte contro i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. Quando guardi a lungo nell’abisso, l’abisso guarda dentro di te”. Un concetto sicuramente tanto tetro quanto adatto alle circostanze che stiamo vivendo.
Tuttavia non basta “stare attenti a combattere i mostri” ma occorre invitare gli stessi a fare marcia indietro, bisogna evitare che il vento continui a trasportare la polvere da sparo delle armi che tristemente consegnano alla fredda terra poveri soldati e inermi cittadini, bisogna convincerli a non favorire più le tenebre dell’abisso, per restituire l’unica luce che un bambino dovrebbe riconoscere nel buio della notte: quella delle stelle.