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I cani di Chernobyl: 36 anni dopo

Cosa succede agli esseri viventi che stanno a lungo nelle radiazioni? Beh, a quanto pare ce lo diranno i cani di Chernobyl, grazie ad uno studio sul loro DNA fatto su Science Advances.

Gabriella J. Spatola, la guida della ricerca, è una ricercatrice del National Human Genome Research Institute al National Institutes of Health, Bethesda, Maryland. 

I risultati dello studio aiutano non solo a comprendere come la popolazione animale possa sopravvivere a disastri come quello di Chernobyl, ma aiutano anche a capire cosa potrebbe succedere agli umani.

Lo studio si focalizza sulle mutazioni di DNA imposte da anni di convivenza tra i cani e le radiazioni emesse a Chernobyl dalla centrale nucleare esplosa nel 1986.

Secondo lo studio infatti, le popolazioni canine attuali discendono da animali lasciati liberi da individui evacuati da città come Pripyat, o fuggiti da cacciatori e avventurieri.

Chernobyl – Wikipedia

L’obiettivo della ricerca è stato quindi capire su un organismo modello come i cani, gli effetti di forme invasive di inquinamento e avvelenamento ambientale, e come possano ricombinare geneticamente la popolazione di una specie.

Nella zona a un chilometro da Chernobyl prosperano circa ottocento cani divisi in quindici “tribù” legate da corredo genetico comune. 

Dal 2017 a oggi la Chernobyl Dog Research Initiative ha studiato come i cani si siano adattati per puntare a prosperare a due passi in questa situazione. L’obiettivo di fondo è quello di “comprendere meglio gli effetti dell’esposizione alle radiazioni a lungo termine sulla genetica e sulla salute umana”, evidenzia Nature.

Ai cani è bastata poco più di una generazione umana per mutare.

Il DNA dei cani, infatti, è mutato e si sono create popolazioni distinte. 

A conferma di questo sono stati effettuati dei test di controllo dagli scienziati residenti  fuori dalla zona di esclusione. 

In aggiunta scrivono i ricercatori sul paper, “I nostri risultati evidenziano la tendenza dei cani semi-selvatici, proprio come i loro antenati canidi selvatici, a formare branchi di individui imparentati”. 

In prospettiva “la popolazione di cani di Chernobyl ha un grande potenziale per informare gli studi sulla gestione delle risorse ambientali in una popolazione animale in ripresa. Il suo più grande potenziale, tuttavia, risiede nella comprensione delle basi biologiche della sopravvivenza animale e, in definitiva, umana in regioni di alto e continuo assalto ambientale”.

Niente può fermare la forza della vita.

Fonte immagine di copertina: Google

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