Lavoro 2023: si punta alla formazione
“Keynes (noto economista britannico )nella Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta afferma che il problema politico dell’umanità consiste nella combinazione di tre fattori ,quali efficienza economica, giustizia sociale e libertà individuale”.
“Nella diversità delle posizioni politiche che contraddistinguono i partiti rappresentati nel Parlamento italiano, ritengo che questi tre principi trovino condivisione all’interno dei vari schieramenti, perché principi profondamente radicati nel tessuto sociale del nostro Paese e nelle attese dei suoi cittadini. Il problema è sempre stato ed è tuttora quello di dosare in modo idoneo questi fattori, perché il giusto equilibrio degli stessi dia risposte adeguate ai problemi della nostra società.”
L’economista e imprenditore Giancarlo Abete.
Una società che è cambiata col tempo e dove identificarsi con i vecchi sistemi di destra e sinistra non è più fattibile.
È infatti cambiato nella percezione delle persone, (soprattutto giovani), il modo di concepire il valore prodotto dall’economia di un paese ed il prodotto interno lordo non è più indice soddisfacente rappresentativo della crescita, perché non riesce ad interpretare la richiesta di una diversa e migliore qualità della vita.
Oltretutto, è ancora di più cambiato il lavoro, cioè il suo significato e il valore attribuito ad esso dalle recenti generazioni. Chi opera all’interno di un’impresa lo percepisce quotidianamente mentre politica e sindacato spesso non riescono a leggere questo cambiamento e corrono il rischio di avere come riferimento modelli che appartengono al passato.
Ciò viene evidenziato dal presidente di Confindustria Carlo Bononi in una recente intervista, in cui metteva l’accento sulla necessità di un diverso ruolo dei contratti integrativi aziendali, del welfare aziendale, della necessità di commisurare il salario ai reali costi territoriali.
Il problema del lavoro rimane un problema strutturale del nostro Paese, anche se vedendolo dal punto di vista positivo, nel 2022 si è raggiunto il 60,5 % di occupazione, il valore più alto del tasso di occupazione in Italia dal 1977.
Ciò nonostante rimaniamo ultimi in Europa, addirittura quasi 10 punti sotto rispetto alla media europea, e con una percentuale di occupazione femminile che evidenzia una distanza dalle medie europee ancora più marcata.
Nel 2022 abbiamo avuto performances superiori a quelle di Francia e Germania, ma solo una crescita degli investimenti industriali potrà permetterci di mantenerle. Infatti, crescita degli investimenti, fisco di impresa, cuneo fiscale, politiche attive del lavoro, formazione, sono aree da promuovere organicamente per poter dare continuità di sviluppo in un 2023 che si preannuncia più difficile del 2022. Ed il recente rapporto Excelsior evidenzia con chiarezza gli effetti negativi dello scollamento fra formazione e mondo produttivo, con il peggioramento dell’alternanza scuola.
È infatti evidente che serva una alleanza più forte tra imprese e mondo della formazione data la sempre più notevole mancanza di neolaureati, che si converte in una difficoltà crescente di individuazione di lavoratori qualificati nelle imprese del nord- est e in alcune regioni centrali quali la Toscana, l’Umbria, le Marche.
Occorrono politiche familiari e occupazionali per donne e giovani e una comunità che ne riconosca il valore.
Occorre che il Paese si mobiliti in tale direzione unitariamente con un contributo, che può arrivare ad esempio da una immigrazione che abbia la possibilità e la volontà di integrarsi nei processi di sviluppo.
Accogliamo quindi con speranza verso il futuro alcune riflessioni di importanti economisti, che evidenziano come il problema centrale dell’economia moderna sia la sua portata limitata.
Lo sostiene Amartya Sen, evidenziando che “l’economia ha preso una svolta sbagliata con la famosa e dominante definizione dell’economista britannico Lionel Robbins, che la definiva come allocazione di risorse scarse tra fini concorrenti”.
E lui giustamente contrappone la definizione di Robbins a quella dell’economista di fine 800/inizio 900 Arthur Pigou che scrisse:
“Non è nella meraviglia ma piuttosto nell’entusiasmo sociale che si ribella alla sordidezza di strade malfamate e alla tristezza di vite avvizzite che si trova l’inizio della scienza economica”.
E Angus Deaton (premio Nobel dell’economia 2015) ci ricorda che dobbiamo superare la nostra idea fissa sul solo denaro come misura del benessere umano e che gli economisti hanno abbandonato gli ultimi due elementi della triade di Keynes (efficienza economica, giustizia sociale, libertà individuale).
Speriamo che il 2023 si muova nella direzione adatta per recuperare tutti gli elementi di questa triade, per poter mirare sempre di più a una crescita economica.
immagine di copertina: my-personaltrainer
Fonte articolo : Dimensione informazione