Microplastiche: l’inquinamento invisibile
Le microplastiche sono frammenti di materiale plastico di dimensioni comprese tra i 5 millimetri e i 330 micrometri, pertanto invisibili ad occhio nudo. Derivano dalla degradazione delle plastiche primarie. Tra queste il polietilene, inventato negli anni ’50, è ben presto divenuto materia plastica per oggetti di uso quotidiano. Esso rappresenta il 40% delle materie plastiche utilizzate ed insieme ad altri composti chimici similari proviene dalla raffinazione del petrolio.
Ma cosa succede ad un prodotto di plastica quando ce ne liberiamo? Al contatto con gli agenti atmosferici o in acqua si frammenta in tante microplastiche la cui quantità stimata è pari a otto milioni di tonnellate all’anno. Una volta in mare questi minuscoli frammenti entrano nella catena alimentare della fauna marina e di conseguenza nel nostro stesso ciclo alimentare. Che questo sia vero lo dimostrano svariati studi, tra cui una ricerca condotta presso l’ospedale Fatebenefratelli di Roma in collaborazione con il Politecnico delle Marche, i cui risultati sono stati resi noti da poco.https://www.voceliberaweb.it/
Nello studio sono state riscontrate microplastiche all’interno di placente umane appartenenti a donne in ottima salute. Clamorosi inoltre i dati contenuti in un report del WWF di recente pubblicazione in cui si sostiene che ogni settimana ingeriamo circa 5 grammi di materiale plastico frammentato, ovvero l’equivalente di una carta di credito. L’impatto di questi composti sulla salute umana si traduce, stando alle conoscenze attuali, in un’interferenza con la fertilità, disturbando il sistema endocrino.