Ninni Cassarà. Il 6 agosto del 1985 Cosa Nostra assassinava il vicequestore
Prima i colpi di kalashnikov, poi le urla di disperazione della moglie Laura. Entrambi riecheggiarono in via Croce Rossa a Palermo quando il 6 agosto del 1985 Cosa Nostra assassinò il Vicequestore Ninni Cassarà. Con lui morì anche l’agente della scorta Roberto Antiochia. Soltanto dieci giorni prima, precisamente il 28 luglio, i killer corleonesi avevano ucciso il Commissario Beppe Montana.
Erano gli anni della cd. seconda guerra di mafia, gli stessi in cui il “clan dei corleonesi” prendeva il controllo di Cosa Nostra e le strade del capoluogo siciliano, insieme a quelle di tutta l’isola, si tingevano indistintamente del sangue di mafiosi e di uomini dello Stato. Era ancora il periodo in cui la scorta era prevalentemente affidata negli orari d’ufficio, in cui però l’approccio alla lotta alla criminalità organizzata stava davvero cambiando, quelli in cui si iniziavano a ricercare gli strumenti per arginare il fenomeno mafioso. In tal senso il contributo di Ninni Cassarà con il famoso “Rapporto dei 162” risultò di grande importanza.
“Il Rapporto dei 162”:
Frutto di un meticoloso lavoro investigativo “Il Rapporto dei 162” conteneva il primo organigramma completo di Cosa Nostra. Si era infatti compreso come nella lotta alla mafia fosse di grande importanza avere un quadro complessivo della sua stessa struttura organizzativa. Su questo presupposto furono impostate delle indagini che portarono alla denuncia di 162 persone tra boss e malavitosi, tra i quali spiccava certamente il nome del padrino Michele Greco, soprannominato “Il Papa”. Consegnato in Procura il 13 luglio del 1982 per ordine del Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, il lavoro svolto da Cassarà e dai suoi uomini può essere considerato come una della basi sulle quali poggerà il “Maxiprocesso”.
L’assassinio:
Il 6 agosto del 1985 Palermo ricordava per il quinto anno dal suo omicidio il Procuratore della Repubblica Gaetano Costa, mentre viveva ancora scossa i giorni successivi all’omicidio del Commissario Beppe Montana, assassinato sul lungomare di Porticello mentre rientrava da una gita in barca con la fidanzata. Ninni Cassarà e la moglie dovevano essere lì. Scampato all’attentato per una fortuita coincidenza il Vicequestore avrà soltanto pochi altri giorni di vita.
Erano circa le 15:00 quando Ninni Cassarà stava facendo ritorno a casa, dove ad attenderlo c’era la moglie Laura e la figlia di soli due anni Elvira. Non tornava tra i suoi affetti da più di due giorni e Laura lo attendava affacciata dal balcone. L’Alfetta rossa sulla quale viaggiava Cassarà si fermò davanti alla sua abitazione in via Croce Rossa e il vicequestore si accingeva a percorrere i primi passi quando, proprio dal palazzo di fronte, una violenta pioggia di proiettili travolse la vettura. L’agente di scorta Roberto Antiochia, senza un attimo di esitazione, cercò di fare da scudo col proprio corpo venendo crivellato da più di 200 colpi che gli assassini esplosero contro di loro. Morì a soli 23 anni.
Laura si precipitò giù per le scale. Suonò a tutte le porte nel disperato tentativo di trovare dei vicini a cui affidare la piccola Elvira. Dopo svariati tentativi durante i quali il rumore della raffica degli spari riecheggiava per il quartiere qualcuno aprì e lei corse da Ninni. Lo trovò ormai senza vita riverso sulle scale mentre il sangue macchiava quei gradini che fino a qualche tempo prima vedevano non solo un uomo al servizio dello Stato ma anche un padre di famiglia, percorrerli con in braccio i propri figli e con la propria moglie accanto, proprio lei che ora inginocchiata vicino al marito piangeva disperata. Questa era Palermo. Questa era la raffigurazione più tangibile della mafia: il sangue versato.