Olanda, crisi di governo. Cade il Rutte quater
È quello dei migranti il nodo che ha portato alla caduta del governo olandese. Il primo ministro Mark Rutte è costretto a dimettersi. Non sono bastati i tentativi degli ultimi giorni di trovare un accordo sulla gestione del fenomeno migratorio. La coalizione, che vedeva insieme il Partito popolare per la libertà e la democrazia (Vvd), i liberali di D66, i cristiano-democratici dell’Appello cristiano democratico (Cda) e i calvinisti dell’Unione Cristiana (Cu), si è ufficialmente spaccata.
Il “Rutte quater” è inciampato sulle misure che volevano limitare il numero dei richiedenti asilo ed in particolare i ricongiungimenti familiari dei migranti. Le nuove misure che il premier olandese voleva introdurre altro non erano che il rafforzamento di una politica migratoria già assai severa e restrittiva.
Nella conferenza stampa in cui ha annunciato le proprie dimissioni, l’attuale primo ministro ha fatto più volte riferimento a differenze e a distanze “insormontabili” tra i diversi gruppi politici di maggioranza, distanze che non sono venute meno neanche innanzi alle diverse proposte presentate. “Stasera abbiamo purtroppo raggiunto la conclusione che le differenze sono insormontabili. Per questo motivo a breve presenterò le mie dimissioni per iscritto al re a nome di tutto il governo”, ha detto Rutte davanti ai giornalisti.
Le differenti visioni erano già emerse nei mesi precedenti, quando l’esecutivo aveva sentito la necessità di predisporre un nuovo pacchetto di misure capaci di rispondere all’incremento del fenomeno migratorio. Non a caso lo stesso Rutte si era mosso in prima persona anche in ambito europeo, come pure testimoniato dagli incontri con la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e con Giorgia Meloni.
L’intento del primo ministro era quello di provare a trovare un accordo prima della pausa estiva e per far ciò aveva già più volte paventato ai partiti alleati l’uscita del suo gruppo politico, cioè il Vvd, dalla coalizione a capo dell’esecutivo. Nel corso delle ultime settimane era stato proprio il Partito popolare per la libertà e la democrazia ad avanzare la proposta più concreta, prospettando la creazione di un sistema a due livelli per i richiedenti asilo, in cui coloro che risultavano minacciati di persecuzione avrebbero goduto di maggiori diritti e tutele rispetto a chi invece fugge da territori di guerra. Si era anche pensato alla fissazione di un tetto annuo, pari a 200, per i ricongiungimenti familiari riguardanti proprio i rifugiati di guerra.
Davanti all’intransigente opposizione degli alleati di governo, Rutte, il premier olandese “più longevo” (era in carica dal 2010), ha dovuto però cedere. Il conseguente ritorno alle urne sarà verosimilmente nel periodo autunnale, probabilmente ad ottobre.