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Piero Ciampi, l’artista delle illusioni e del dolore

Per conoscere le opere di Piero Ciampi non si può non far riferimento all’album “Io e te abbiamo perso la bussola”. Viene pubblicato dall’artista nel 1973 ed è il terzo che realizza, venendo inserito nella classifica dei 100 migliori album italiani secondo Rolling Stones. Otto tracce, quattro per lato che sono la perfetta sintesi del cantautorato di Piero Ciampi, una fantastica antologia sul declino e sul fallimento dell’amore che vengono cantati tra l’ordinarietà e la quotidianità di un vissuto “qualsiasi”.

Quando si scrivono le storie? Qual è il momento migliore per restituire il sentimento e la verità di quello che si è vissuto e di quello che si è provato?
La penna prima e la voce poi tracciano le traiettorie che le parole hanno seguito per giungere nel cuore di chi ascolta quel racconto o di chi felicemente o tristemente ne è stato protagonista. L’innamoramento iniziale o il dolore conclusivo sono la genesi di molte delle canzoni che il cantautorato italiano e non hanno forgiato, Piero Ciampi invece valorizza quella zona grigia che si realizza tra quei due poli, tra la nascita di un sentimento e il risultato di una sua dissoluzione.

Le tematiche

Ciampi esalta quell’ordinarietà per molti assassina dei sentimenti e per pochi altri culla in cui abbandonarsi. La quotidianità è per molti sinonimo di stasi nella vita come nei rapporti, tuttavia le canzoni dell’artista livornese ci mostrano invece un’altra faccia di quella realtà entro cui si rintracciano al tempo stesso il paradigma attraverso il quale si è formato quel sentimento e quello dal quale ne è derivata la sua distruzione.

Tutti gli album dell’artista sono comunque caratterizzati da un’ottica assai moderna attraverso cui si realizza una narrazione della vicenda certamente all’avanguardia. Ne sono esempio le canzoni “In un palazzo di giustizia” e “Mia moglie”, entrambe presenti nella già menzionata opera del ’73 e scritte nel periodo in cui si discuteva ancora della legge sul divorzio. Certamente è questo uno dei tratti distintivi di una musica che ha saputo anticipare tematiche della vita quotidiana popolare. Altro tratto distintivo è la capacità dell’artista di narrare la vita di coppia tra le turbolenze e i dolori che inevitabilmente la caratterizzano, restituendo attraverso la sua elegante poetica anche l’amara narrazione di quelle relazioni che giungono ad un punto conclusivo

L’artista

La sua carriera non è mai effettivamente decollata, i suoi brani mai realmente apprezzati se non dopo la sua morte, avvenuta nel 1980 a soli 45 anni. Durante la sua vita non ha mai ottenuto i favori della critica come magari gli altri cantautori della “scuola ligure” ma nonostante ciò si è sempre definito “un poeta”. Il suo vissuto assai burrascoso tra liti e alcool si inserivano nella configurazione di un artista dallo stile decadente e crepuscolare, un profilo insomma dai tratti bohemien.

Tra l’abbandono e la delusione

Due delle tematiche più ricorrenti nelle sue liriche sono l’abbandono e la delusione. La prima viene esaltata soprattutto nel brano “Non so più niente” dove, tra lo smarrimento che si avverte, emerge il doveroso imperativo di riprendere ad affrontare una vita che ci si era immaginati di assaporare in modo differente, se non almeno con accanto una persona precisa. La delusione viene invece esaltata in tutte le sue sfumature. In “Fino all’ultimo minuto” ve n’è la perfetta rappresentazione, restituita dal tentativo di chi prova a rimanere a tutti i costi agganciato all’idea della persona amata, prodotto immaginario che discosta però dalla realtà effettiva, e dalla quale ci si deve sganciare per non negare proprio l’evidenza dei fatti.

Il porto dell’illusione

Esiste un ponte tra abbandono e delusione ed è rappresentato da quell’illusione che Piero Ciampi cita nella sua “Livorno” nonché quella “chimera” ricercata “nell’eterna sera”. All’interno del brano dedicato alla città natale dell’artista una strofa che recita:

“Questa sera, lunga sera
Ho trovato
Una nave che salpava
Ed ho chiesto dove andava
Nel porto delle illusioni
Mi disse quel capitano”

Dalla lettura che ne deriva, sono proprio le illusioni che scandiscono spesso il nostro vissuto, essendo l’unica costante persino nei sentimenti. Esse sono presenti nel momento iniziale dell’innamoramento come lo sono quando ci si misura col dolore alla conclusione dello stesso. Esse sono presenti nella nostra quotidianità e il rapporto con loro è pressoché inscindibile, sicché ognuno non fa altro che spingere la propria nave verso un porto che magari scopriremo essere solamente ideale.

Nell’illusione però rimane insita la traccia della speranza, quella terra ricercata che spinge il capitano a salpare, senza la quale a nulla gli servirebbe essere capitano appunto. La sensibilità e la malinconia che Piero Ciampi consegna alla sua musica si configurano come punto d’approdo per le fragilità umana, nella sua vita è stato trascinato dagli eventi e dall’alcol, come la nave ha scelto di salpare verso una destinazione fatta probabilmente di illusioni ma che gli ha permesso di essere Piero Ciampi.

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