Reinsegniamo a sognare. La missione del progetto Liberi di scegliere
Nel vocabolario della mafia la parola “onore” si declina anche e soprattutto come quella forma di controllo e dominio esercitato, e sempre più ricercato, nei confronti del prossimo. Si tratta di piegare e plasmare quella realtà che quotidianamente si sviluppa su valori etici e morali che la mafia disprezza, si tratta di comprimere e soffocare la libertà di scelta e di espressione che ogni individuo possiede e attraverso cui si forma.
La possibilità di determinare il proprio avvenire e insieme costruire la propria persona sono due dei doni più grandi che un bambino possiede, sono due degli strumenti più belli che possono permettergli di realizzare un’opera d’arte dal valore inestimabile qual è la propria vita. Questo è tutto ciò che viene invece negato a chi nasce tra le braccia della mafia, dove la parola “famiglia”, sempre per la lettura di quel distorto vocabolario, viene svuotata del proprio significato e dell’amore stesso che invece dovrebbe caratterizzarla. Il progetto “Liberi di scegliere” è stata allora la mano che il giudice Roberto Di Bella e lo Stato hanno teso verso chi non ha mai avuto la possibilità anche soltanto di sfiorare una realtà diversa in cui i disvalori della criminalità non soffocassero i sani principi di una società migliore.
Le parole del Procuratore Bombardieri
Il concetto viene ribadito dal procuratore Capo di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri: “Per la prima volta lo Stato ha offerto delle possibilità di riscatto a donne e ragazzi nati o cresciuti in contesti mafiosi, senza chiedere nulla in cambio ma offrendo una via alternativa. Liberi di scegliere fornisce tutti gli strumenti per poter operare una scelta consapevole”. Ed è proprio la consapevolezza stessa ad essere una delle principali finalità di questo progetto, nato per interrompere la catena padri-figli che vede gli uni condividere con gli altri l’esperienza del carcere. “Nonostante ci possa essere il ragazzo che raggiunta la maggiore età decida di reinserirsi nel contesto malavitoso dal quale lo Stato ha cercato di strapparlo via -spiega Bombardieri- basta anche il caso di un solo ragazzo che ha scelto di andare in una direzione verso la quale era destinato da fin dalla nascita per ripagarci di tutti gli sforzi fatti”.
L’esperienza del Presidente Di Bella
Il giudice Di Bella, oggi Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, ha spiegato: “Ho giudicato, purtroppo, prima i padri e poi i figli, tutti con lo stesso cognome e tutti con la stessa tipologia di reati. Molti di loro, ancora ragazzi, avevano una luce nello sguardo, sentimenti e potenzialità per aspirare a una vita diversa da quella della carcerazione, della morte o comunque della sofferenza imposta dalle loro famiglie. Questi giovani sono delle vittime perché respirano fin da piccoli una cultura improntata alla violenza e alla sopraffazione, sono abituati a controllare le loro emozioni per non tradirsi e per non tradire il proprio clan”.
“Questi giovani sono cresciuti odiando lo Stato, hanno visto i carabinieri arrivare nelle loro case in piena notte per fare perquisizioni o per arrestare i loro genitori”. E quello che il Presidente Di Bella riporta è una percezione completamente rovesciata che questi ragazzi hanno della vita che loro stessi vivono e entro la quale essi si trovano come imprigionati. Essi sono come le maglie di una catena che loro stessi indirettamente continuano a costituire e che silenziosamente li stritola.
Reinsegniamo a sognare
Un chiave di successo per il progetto “Liberi di scegliere” è stata certamente l’attenzione rivolta anche alle donne, vittime di un sistema criminale che le relega in un preciso ruolo e gli affida determinate mansioni, quelle donne che impossibilitate a fuggire da una logica patriarcale di quel sistema, vedono i propri figli assumere le sembianze dei loro stessi carcerieri. Ad esse e a tanti giovani si sono rivolti gli aiuti di assistenti sociali e psicologi che, grazie all’operato del Presidente Di Bella, hanno provato a restituirgli una visone basata su sani principi e li hanno presi per mano in un percorso di riscoperta dei valori autentici.
“Onore” e “famiglia” sono per la mafia termini che fortificano un potere basato sul sangue e sulla violenza, sull’oppressione e sul dominio, tutti valori lontani e contrari a quelli che in realtà queste due parole hanno in una società sana. Svuotare, modellare e plasmare i valori è una delle più grandi operazioni per la criminalità organizzata, indottrinare i più giovani derubandoli delle proprie possibilità di crescita e della consapevolezza stessa risulta essere il passo necessario per garantirsi la propria sopravvivenza. Interrompere questo meccanismo è allora la sfida più grande da porsi, il poter riconsegnare a tanti giovani e alle loro stesse madri i propri desideri è l’obiettivo che questo Stato deve continuare a inseguire. Reinsegniamo a sognare a chi è stato vietato di guardare nel buio la luce delle stelle.