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I sogni son desideri… di infelicità

A cosa servono i sogni?

Abbandonati fra le braccia di Morfeo, ogni notte, la nostra mente spalanca le sue porte a dei bizzarri visitatori. 

Una compagnia circense fatta di unicorni, draghi, serial killer e di quella nostra compagnetta delle scuole elementari con cui non parliamo da anni.

I sogni sono il palcoscenico su cui questi attori si esibiscono, un luogo dove il tempo si piega e la realtà si dissolve.

In questo spazio onirico, tutto è possibile e niente è proibito. 

Possiamo volare, respirare sott’acqua, sparare ai nostri nemici e anche morire. Non ci sono regole e, apparentemente, alcuna logica.

Scientificamente, i sogni sono definiti come esperienze mentali, che si verificano nella fase REM, unfenomeno multisfaccettato che coinvolge aspetti neurobiologici, psicologici ed evolutivi.

Ma perché sogniamo? Hanno un’utilità? È possibile che siano semplicemente dei deliri della nostra mente affaticata?

A questi interrogativi hanno cercato di rispondere diverse ricerche.

La sintesi-attivazione

Una delle teorie più influenti in questo campo è la teoria della sintesi-attivazione, proposta da J. Allan Hobson e Robert McCarley nel 1977. 

Secondo questo studio, durante il sonno REM, il cervello subisce una serie di attivazioni spontanee che provengono dal tronco encefalico. Segnali caotici che vengono, poi, sintetizzati dalla corteccia cerebrale in una narrazione coerente, il sogno.

La teoria della sintesi-attivazione suggerisce che i sogni non abbiano un significato intrinseco, ma siano piuttosto un sottoprodotto dell’attività cerebrale casuale. 

L’ipotesi di Freud e l’elaborazione emotiva

Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi, propose una delle prime teorie sistematiche sui sogni. Nel suo libro L’interpretazione dei sogni, Freud sostenne che i sogni rappresentano l’appagamento dei desideri inconsci. Una via attraverso cui i nostri pensieri e desideri repressi possono emergere, anche se in forma simbolica.

Nonostante molte delle idee di Freud siano state criticate e superate, il concetto che i sogni possano riflettere i nostri stati emotivi e conflitti interiori rimane influente. 

Ricerche moderne suggeriscono che i sogni possono aiutare a elaborare emozioni difficili e stressanti. Una sorta di autoterapia che ci aiuta a gestire le ansietà della vita, provate da svegli.

Consolidamento e problem solving

Una delle teorie più accreditate sul perché sogniamo riguarda il ruolo dei sogni nel consolidamento della memoria. 

Durante il giorno, il nostro cervello raccoglie una grande quantità di informazioni, attraverso le emozioni e le attività quotidiane di cui abbiamo fatto esperienza. Informazioni che, durante il sonno, e in particolare nella fase REM, vengono elaborate, separate accuratamente e riposte nei vari settori della memoria a lungo termine.

Oltre al consolidamento della memoria, i sogni possono giocare una parte significativa nello sviluppo della capacità di risoluzione dei problemi.

Quando sogniamo, infatti, la mente non è vincolata dalle restrizioni logiche e pratiche del mondo reale, e questo permette una maggiore libertà cognitiva e la possibilità di esplorare idee e soluzioni non convenzionali. I sogni permettono al cervello di creare connessioni inusuali tra concetti apparentemente non correlati, conducendoci a intuizioni creative e rimedi innovativi per le sfide che ci vengono poste durante la veglia.

Sopravvivenza e simulazione delle minacce

Alcuni ricercatori propongono che i sogni abbiano una funzione evolutiva. 

Fra questi, Antti Revonsuo che, nella sua teoria della simulazione delle minacce, teorizza come i sogni funzionino alla stessa maniera dei simulatori di volo. Così come i piloti usano tale tecnologia per esercitarsi ad affrontare le problematiche che si presentano in cielo, così, tramite i sogni, noi facciamo esperienza, a distanza di sicurezza e non personalmente, di emozioni e condizioni pericolose.

Una peculiarità evolutiva che potremmo aver sviluppato migliaia di anni fa: simulando minacce e scenari di sopravvivenza oniricamente, gli studiosi suppongono che i nostri antenati abbiano potuto così migliorare le loro capacità di risposta a situazioni reali di pericolo.

Questa teoria spiegherebbe perché molti sogni tendono ad avere contenuti ansiogeni o stressanti.

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