The Dad Shift: padri in protesta
In queste settimane, Londra si è riempita di insoliti “addobbi”. È impossibile ignorare delle statue adornate da bambolotti e marsupietti. Specialmente se queste sono rappresentative di figure maschili storiche e illustri. Politici, attori, calciatori…
Tutte loro si sono trasformate in simboli di paternità attiva e responsabile.
Questo “colpo all’occhio” trasmette un messaggio chiaro: anche gli uomini, come figure sociali e familiari, sono capaci di prendersi cura dei propri figli.
L’iniziativa, partita da “The Dad Shift”, è presto diventato virale. Attraverso queste immagini, potenti e ironiche, i padri hanno manifestato il loro desiderio di essere riconosciuti come centrali nella vita dei loro figli. Non solo in quanto sostenitori economici, ma anche come caregivers a tutti gli effetti.
Le richieste del movimento The Dad Shift
Al centro del movimento nato da “The Dad Shift” ci sono richieste concrete e ben precise, che mirano a modificare il quadro legislativo e le rimostranze culturali che ostacolano l’adempimento al ruolo di padre.
Le principali rivendicazioni includono: l’estensione del congedo di paternità che, come si legge nella lettera aperta dell’associazione al premier inglese, è la peggior offerta in tutta Europa; una maggiore flessibilità lavorativa, con l’eventuale possibilità di lavorare da casa; incentivi economici per le aziende che adottano politiche a favore della famiglia; un cambiamento culturale vero e proprio.
Al di là delle richieste legislative, infatti, ”The Dad Shift” mira a scardinare gli stereotipi che ancora associano la cura dei figli principalmente alle madri. Essere un padre coinvolto e presente non dovrebbe essere considerato un’eccezione, ma una norma.
Il modello dei Paesi scandinavi
Il modello di congedo parentale nei Paesi scandinavi è considerato tra i più avanzati al mondo.
Promuovendo una forte equità di genere nella cura dei figli, in queste nazioni i genitori hanno diritto a congedi parentali retribuiti che possono essere condivisi tra madre e padre.
Ad esempio, in Svezia, i genitori possono usufruire di 480 giorni di congedo (circa sedici mesi), pagati, almeno per quanto concerne i primi 390 (da utilizzare da gli ultimi due mesi di gravidanza ed entro i primi quattro anni di vita del nascituro), l’80% dello stipendio totale.
In Norvegia, invece, il congedo va da quindici settimane, con retribuzione al 100%, a diciannove settimane, con retribuzione all’80%.
Insomma, ancora una volta, i Paesi Scandinavi si dimostrano pionieri nella tutela e garanzia dei diritti civili.