Violenza nel calcio giovanile: perché inasprire le sanzioni non basta
Il caso di Diego Alfonzetti, arbitro 19enne aggredito durante una partita di under 17 in Sicilia, non rappresenta l’eccezione ma l’ultimo episodio di una lunga serie di atti di violenza nelle categorie minori italiane. La radice del problema? E’ sempre culturale👇

Mano pesante, quella del giudice sportivo. La si attendeva, naturalmente, ed è arrivata, come era inevitabile che fosse, alla luce della gravità di quanto accaduto lo scorso 5 aprile a Riposto(Catania). Riavvolgendo il nastro: un giovane arbitro della sezione Aia di Acireale, il 19enne Diego Alfonzetti, è stato vittima di una brutale aggressione durante la partita tra Russo Sebastiano Calcio Riposto e Parede, valevole per i playoff della categoria Allievi/U17.
Le immagini hanno fatto il giro dei social e sono una scioccante testimonianza della brutalità dell’episodio. Durante i tempi supplementari, il direttore di gara è stato accerchiato da un manipolo di calciatori e dirigenti della squadra di casa, che lo hanno colpito ripetutamente con calci e pugni. Un video diffuso sul web mostra bene come l’arbitro abbia cercato (invano) di proteggersi dalla furia animalesca dei colpi e solo l’intervento di una persona esterna(presumibilmente un genitore) gli abbia consentito di allontanarsi rapidamente dal terreno di gioco, impedendo che quell’aggressione si trasformasse in un linciaggio dagli esiti che avrebbero potuto essere ancora più gravi.
Dopo lo sdegno pubblico, ecco le sanzioni(esemplari) della giustizia sportiva: stagione finita per il Riposto(escluso dal campionato), pesantissima in termini di squalifiche la stangata per calciatori(alcuni dei quali fermati fino al 2030), tecnici e dirigenti coinvolti nel fatto, con la sola attenuazione della pena per l’allenatore di casa, cui è riconosciuto l’aver tentato fattivamente, in un secondo momento, di proteggere l’arbitro, e per questo motivo potrà riprendere la propria attività già a giugno prossimo.
Unanime la condanna delle istituzioni del calcio, molteplici i messaggi di solidarietà e vicinanza alla vittima da parte dei club(anche di Serie A), uniti nel ribadire come la violenza non possa e non debba fare parte dello sport, in quanto antitetica ai suoi valori. L’episodio ha fatto altresì riaccendere il dibattito sulla sicurezza dei direttori di gara nelle categorie minori che troppo spesso, stando alle cronache, viene messa a repentaglio e non risulta adeguatamente tutelata neppure dalla normativa vigente, non soltanto sportiva. A tal proposito si sono levate voci di autorevoli figure, come quella dell’ex arbitro internazionale Paolo Casarin – “Servono pene esemplari” – e di Antonio Zappi(Aia) che ha evidenziato la necessità di intavolare una discussione politica per operare una importante integrazione al codice penale.
L’ordinamento sportivo fatica a tutelare la figura dell’arbitro, dobbiamo usare degli strumenti diversi, anche legislativi. L’idea è quella di modificare l’articolo 340 del codice penale e inserire l’arbitro e i direttori di gara di tutti gli sport tra gli operatori dei servizi di sicurezza complementari, un po’ come sono gli operatori di pronto soccorso, in maniera tale che le lesioni nei confronti degli arbitri vengano punite con l’arresto da due a cinque anni” (Antonio Zappi, presidente Aia)
Inquadramento diverso, pene più severe ed un maggiore effetto deterrente, in modo da scoraggiare simili condotte attraverso la durezza della sanzione. La strada legislativa per il contrasto della violenza a danno degli ufficiali di gara passa da qui, dalla modifica dell’impianto normativo, ma non può bastare da sola se l’obiettivo auspicabilmente condiviso da tutti è quello di ridimensionare il fenomeno fin quasi ad eradicarlo(obiettivo più ‘idealistico’ che sostanziale, ma comunque da perseguire). Se è giusto e doveroso che si adottino tutti gli adeguamenti di legge affinché la categoria degli arbitri sia più tutelata, non bisogna dimenticare che la violenza all’interno della società ha una matrice immancabilmente culturale, che nessun provvedimento di legge potrà davvero contrastare senza un approccio onnicomprensivo da parte di istituzioni e cittadini.
Solo così sarà possibile intraprendere un percorso di crescita sociale, che trasformi una vile aggressione come quella subita dal giovane Alfonzetti sempre più in un fatto eccezionale e sempre meno in una regola(distorta).